La prova su strada della Toyota Mirai - Quattroruote.it

2022-07-30 06:58:58 By : Ms. Lin Hua

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Nuova piattaforma per la seconda serie della fuel cell giapponese, a tutto vantaggio dell'efficienza. Rimane l'implacabile scoglio dei distributori di idrogeno: al momento, in Italia, ce ne sono soltanto due

Akio Toyoda, il numero uno della Casa giapponese, è stato il primo a fare coming out, manifestando in diverse occasioni le ragioni del suo scetticismo sull'elettrico a tutti i costi: possibile collasso del modello di business dell'automotive, difficoltà nell'adeguare la rete elettrica e la produzione (pulita) della stessa, costi sociali della transizione energetica e via discorrendo. Poi, a seguire, come in una sorta di movimento "me too", anche altri ceo delle case automobilistiche hanno esternato le proprie perplessità in merito al completo abbandono dei motori termici. 

Per farla semplice, un futuro elettrico al 100% è ancora piuttosto lontano e la diversificazione delle tecnologie parrebbe la strada più logica. Gli addetti ai lavori ne sono consci da tempo ed è per questo che esistono oggetti come la Toyota di questa prova. Che è un'auto elettrica, formalmente, ma non è alimentata da una batteria e non va ricaricata con la spina. L'energia se la produce da sola, respirando aria dal frontale: quello che esce dalla marmitta (se così si può chiamare) è soltanto acqua. 

È una fuel cell a idrogeno, insomma. Non certo una novità assoluta, molte Case stanno lavorando su questa tecnologia da decenni, ma adesso si fa guardare con occhi diversi proprio alla luce degli scenari in continua mutazione. Vetture come la seconda generazione della Toyota Mirai, infatti, in teoria potrebbero risolvere in un sol colpo i limiti delle vetture a batteria: il non trascurabile impatto ambientale della produzione e dello smaltimento degli accumulatori, i tempi di ricarica, nonché la necessità di una colossale produzione di energia pulita, perché se le elettriche non le alimenti in modo sostenibile, la neutralità carbonica da miraggio diventa pura utopia.

Per un serbatoio in più. Una fuel cell, in estrema sintesi, è un'auto elettrica il cui motore, anziché essere alimentato da una batteria, trae energia dalla cella a combustibile.

La Mirai, come detto, l'energia elettrica se la fa da sola, dentro il cofano, grazie alla cella a combustibile. E per un pieno, con cui può percorrere quasi 550 chilometri rilevati dal nostro Centro prove, bastano cinque minuti: facile come fare metano a un Doblò. Ma c'è un piccolo problema: se siete fra quelli che maledicono il risicato numero di distributori di gas naturale, sappiate che quelli di idrogeno sono soltanto due: a Bolzano e un altro fresco di inaugurazione a Mestre. Un panorama desolante, specie se confrontato al resto d'Europa (in Germania se ne contano 90), nonché una barriera invalicabile per la diffusione di vetture del genere. E anche in questo caso scrivere al plurale è alquanto ottimistico, visto che l'unica alternativa alla Toyota Mirai è una sport utility della Hyundai che si chiama Nexo, provata sul fascicolo di Quattroruote del luglio 2019. La situazione, comunque, nel corso dei prossimi tre o quattro anni dovrebbe migliorare.

Detto ciò, l'esperienza di guida di un'auto come questa Toyota è del tutto assimilabile a quella di una qualsiasi altra elettrica. Non fosse per la suggestione particolare dell'andarsene a spasso con un oggetto tecnologicamente così sofisticato e con una bombola di idrogeno in mezzo ai sedili. Per la cronaca, ora i serbatoi sono tre, nel senso che di Mirai ce n'è già stata una (debutto nel 2015, 6 mila unità vendute nel mondo, di cui la metà soltanto in California), ma di contenitori ne aveva soltanto due. La seconda serie della fuel cell giapponese nasce infatti su una piattaforma più generosa (la GA-L, la stessa della Lexus LS), che ha consentito di ridistribuire in modo più efficiente tutte le componenti del sistema: dai serbatoi dell'idrogeno, appunto (la loro capacità è salita a 5,6 kg), al posizionamento della cella a combustibile, che ora si trova nel cofano anteriore come fosse un motore tradizionale. 

Il propulsore elettrico, che sviluppa 182 cavalli e 300 Nm, è dietro assieme alla trazione e si adopera per garantire il massimo, sebbene debba fare i conti con una berlina da quasi cinque metri, con una stazza attorno alle due tonnellate. Una comoda ammiraglia, dunque, che si sposta sì con discreta agilità (lo 0-100 si archivia in nove secondi), ma con un mood decisamente orientato al relax: è morbida, ben insonorizzata, fluida come soltanto un'elettrica con rapporto unico di riduzione può essere. E consente di fare parecchia strada, perché, detto dei circa 550 chilometri di autonomia media, sappiate che in città se ne possono percorrere attorno ai 650, mentre in autostrada si scende a 460, un range peraltro sconosciuto a qualsiasi elettrica a batteria oggi in commercio. Certo, resta il dettaglio che prima o poi bisognerebbe rifornirla e che per farlo ci vorrebbe un distributore... 

Se il petrolio non è infinito, l'idrogeno è pressoché inesauribile. Rappresenta il 75% della massa dell'universo ed è presente nell'acqua e nell'aria...

A bordo, l'ambiente è tipicamente Toyota, ma con qualcosa in più. Dal disegno movimentato e futuristico della plancia (d'altronde, Mirai significa futuro, in giapponese) alla scelta dei materiali e alla cura con cui sono stati accoppiati. La qualità percepita è elevata e a bordo c'è ogni bendidio per passarsela alla grande. Mi vien da dire soprattutto se si è seduti sul divano posteriore, dove c'è parecchio spazio per le gambe e si può contare su un bracciolo centrale con una console per comandare l'impianto audio Jbl con 14 altoparlanti, la climatizzazione dedicata e i sedili ventilati e riscaldabili; insomma, manca soltanto l'autista. 

A proposito di aria, viaggiare sulla Mirai può farti sentire la persona più green al mondo non soltanto perché da dietro esce soltanto acqua, ma per il fatto che la vettura è addirittura in grado di purificare l'aria esterna: nella presa anteriore che porta ossigeno alla fuel cell, c'è un filtro catalizzatore che cattura dal 90 al 100% delle particelle inquinanti fra 0 e 2,5 micron di diametro, per esempio il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto e il particolato PM2,5. Come dire: dove passa lei, respirate aria più pulita.

In rosso: presente sulla vettura provata.

Le misure interne vengono rilevate con puntatori laser utilizzando delle apposite dime che vengono collocate sui sedili anteriori e posteriori. Per quotare il posto guida (distanza dal suolo, dal pavimento, punto H e angoli caratteristici) si utilizza invece uno speciale manichino a norma SAE denominato H-Point Machine.

Viene rilevata in pianta sui 360° utilizzando una testa laser girevole collocata sulla H-Point Machine. Viene misurata anche l’ampiezza dell’angolo di visuale verticale anteriore e posteriore. Si verifica anche la distanza minima al di sotto della quale non è più possibile individuare in retromarcia il classico panettone giallo segnaletico (è alto 70 cm).

L’angolo cieco prodotto dal gruppo montante-specchietto anteriore sinistro viene valutato in modo più preciso e accurato con un sistema di acquisizione tridimensionale che permette di stabilire in quale percentuale e per quanto tempo un oggetto resta oscurato dietro il montante stesso. Il test viene eseguito simulando l’attraversamento su un passaggio pedonale di una persona adulta, di un bambino e di una biciletta. Il voto attribuito tiene conto della presenza statisticamente non uniforme di queste tre tipologie di utenti.

Con un metro laser si misura la lunghezza, l’altezza (a livello del tendalino nel caso di station wagon e Suv) e la profondità del vano in configurazione standard e con lo schienale posteriore destro abbattuto. La cubatura, invece, viene rilevata utilizzando delle palle da tennis che vengono distribuite uniformemente all’interno del vano fino a riempirlo completamente (a livello del tendalino nel caso di station wagon e Suv). Un fattore di conversione permette poi di passare dal numero delle palline al volume in dm3.

Vengono effettuate in pista utilizzando la strumentazione RaceLogic VB3i, che rileva in tempo reale spazio, velocità e accelerazioni. I test di accelerazione e ripresa vengono effettuati nei due sensi di marcia. I valori pubblicati sono la media dei risultati migliori ottenuti per ogni senso di marcia. Per le prove di accelerazione il collaudatore utilizza gli eventuali dispositivi predisposti sull’auto atti a migliorane le prestazioni (launch control o altro). 

Vengono effettuate in pista utilizzando la strumentazione RaceLogic VB3i, che rileva in tempo reale spazio, velocità e accelerazioni abbinata a un sensore posto sul pedale del freno. I test iniziano con una frenata da 100 km/h effettuata con l’impianto freddo (la temperatura dei dischi deve essere minore o uguale a 50 °C). Segue una seconda frenata da una velocità compresa tra i 130 e i 200 km/h che è funzione della velocità massima dichiarata dal costruttore.

Frenata su fondi non uniformi

Per verificare l’efficacia del comparto freni-sospensioni, l’auto esegue una frenata da 100 km/h con le ruote del lato sinistro sul pavé e quelle del lato destro su asfalto asciutto. 

Per valutare, l’efficienza dei sistemi Abs-Esc si eseguono invece tre frenate con le ruote del lato sinistro su asfalto bagnato e quelle destre su una speciale pista di granito che, un volta bagnato, ha un coefficiente d’aderenza molto simile a quello del ghiaccio (pari a circa 0,15). Si misurano gli spazi d’arresto e si verifica attentamente il comportamento della vettura e dei sistemi elettronici di controllo.

La resistenza alla fatica dell’impianto frenante viene verificata effettuando dieci frenate consecutive da 100 km/h con l’auto zavorrata in modo da simulare l’utilizzo con quattro persone a bordo e 40 kg di bagagli. Si misurano gli spazi d’arresto e si controllano eventuali défaillances dell’impianto frenante (allungamento della corsa del pedale, allungamento degli spazi di arresto, malfunzionamenti dell’Abs, vapor-lock ecc.)

Le misurazioni a velocità costante vengono effettuate sulla pista di Alta Velocità su di una base misurata di 1 chilometro che viene percorsa nei due sensi di marcia. I consumi vengono rilevati tramite il flussometro Kistler CDS-DFL 3X, che viene interfacciato con il sistema di alimentazione dell’auto. Si parte dalla velocità di 80 km/h con incrementi di 10/20 km/h fino a raggiungere i 160 km/h.

Riproduce in pista il traffico di Milano nell’ora di punta. Dura circa 30 minuti durante i quali il collaudatore deve eseguire attentamente le istruzioni (velocità, accelerazioni, tempi di arresto) che compaiono su un display programmato per questo scopo. Al termine del test la velocità media deve essere di 19 km/h con una tolleranza di più o meno 1 km/h (viceversa la prova deve essere ripetuta).

Riproduce in pista il traffico dell’interland milanese (strade statali, tangenziali ecc.). Dura circa 33 minuti, durante i quali il collaudatore deve eseguire attentamente le istruzioni (velocità, accelerazioni, tempi di arresto) che compaiono su un display programmato per questo scopo. Al termine del test la velocità media deve essere di 64 km/h con una tolleranza di più o meno 2 km/h (viceversa il test deve essere ripetuto). 

Riproduce in pista l’andatura che si tiene in autostrada in condizioni normali di traffico rispettando il limite di 130 km/h. Al termine del test la velocità media deve essere di 125 km/h (110 per le auto con velocità massima inferiore ai 150 km/h.

Riproduce in pista il traffico di Milano nell’ora di punta. Dura circa 30 minuti durante i quali il collaudatore deve eseguire attentamente le istruzioni (velocità, accelerazioni, tempi di arresto) che compaiono su un display programmato per questo scopo. Al termine del test la velocità media deve essere di 19 km/h con una tolleranza di più o meno 1 km/h (viceversa la prova deve essere ripetuta). Il test viene ripetuto due volte. Il consumo viene misurato con il flussometro Kistler CDS-DFL 3X.

Riproduce in pista il traffico dell’interland milanese (strade statali, tangenziali ecc.). Dura circa 33 minuti durante i quali il collaudatore deve eseguire attentamente le istruzioni (velocità, accelerazioni, tempi di arresto) che compaiono su di un display programmato per questo scopo. Al termine del test la velocità media deve essere di 64 km/h con una tolleranza di più o meno 2 km/h (viceversa il test deve essere ripetuto). Il test viene ripetuto due volte. Il consumo viene misurato con il flussometro Kistler CDS-DFL 3X.

Riproduce in pista l’andatura che si tiene in autostrada in condizioni normali di traffico rispettando il limite di 130 km/h. Al termine del test la velocità media deve essere di 125 km/h (110 per le auto con velocità massima inferiore ai 150 km/h). I consumi vengono misurati con il flussometro Kistler CDS-DFL 3X.

Il ciclo riproduce in pista il traffico di Milano nell’ora di punta. Dura circa 30 minuti durante i quali il collaudatore deve eseguire attentamente le istruzioni (velocità, accelerazioni, tempi di arresto) che compaiono su un display programmato per questo scopo. Al termine del test la velocità media deve essere di 19 km/h con una tolleranza di più o meno 1 km/h (viceversa la prova deve essere ripetuta). Il test viene ripetuto due volte in modo da accumulare un’ora di funzionamento continuativo. Il consumo di elettricità viene rilevato con il computer di bordo (preventivamente tarato in officina) quello di carburante (benzina/gasolio) con il flussometro Kistler CDS-DFL 3X. Si ottiene così il consumo di carburante nella prima ora di funzionamento partendo con la batteria completamente carica (funzionamento ibrido-Plug-in), il consumo di energia e l’autonomia in modalità elettrica (funzionamento EV). Il ciclo viene ripetuto poi una terza volta con la batteria completamente scarica per ottenere il consumo di carburante a regime (funzionamento ibrido).

Riproduce in pista il traffico dell’interland milanese (strade statali, tangenziali ecc.). Dura circa 33 minuti durante i quali il collaudatore deve eseguire attentamente le istruzioni (velocità, accelerazioni, tempi di arresto) che compaiono su un display programmato per questo scopo. Al termine del test la velocità media deve essere di 64 km/h con una tolleranza di più o meno 2 km/h (viceversa il test deve essere ripetuto). Il test viene ripetuto due volte in modo da accumulare un’ora di funzionamento continuativo. Il consumo di elettricità viene rilevato con il computer di bordo (preventivamente tarato in officina) quello di carburante (benzina/gasolio) con il flussometro Kistler CDS-DFL 3X. Si ottiene così il consumo di carburante nella prima ora di funzionamento partendo con la batteria completamente carica (funzionamento ibrido-Plug-in), il consumo di energia e l’autonomia in modalità elettrica (funzionamento EV). Il ciclo viene ripetuto poi una terza volta con la batteria completamente scarica per ottenere il consumo di carburante a regime (funzionamento ibrido).

Riproduce in pista l’andatura che si tiene in autostrada in condizioni normali di traffico rispettando il limite di 130 km/h. Al termine del test la velocità media deve essere di 125 km/h (110 per le auto con velocità massima inferiore ai 150 km/h). Il consumo di elettricità viene rilevato con il computer di bordo (preventivamente tarato in officina) quello di carburante (benzina/gasolio) con il flussometro Kistler CDS-DFL 3X. Si ottiene così il consumo di carburante nella prima ora di funzionamento partendo con la batteria completamente carica (funzionamento ibrido-Plug-in), il consumo di energia e l’autonomia in modalità elettrica (funzionamento EV). Il ciclo viene ripetuto poi una terza volta con la batteria completamente scarica per ottenere il consumo di carburante a regime (funzionamento ibrido).

Il ciclo riproduce in pista il traffico di Milano nell’ora di punta. Dura circa 30 minuti durante i quali il collaudatore deve eseguire attentamente le istruzioni (velocità, accelerazioni, tempi di arresto) che compaiono su un display programmato per questo scopo. Al termine del test la velocità media deve essere di 19 km/h con una tolleranza di più o meno 1 km/h (viceversa la prova deve essere ripetuta). Il test viene ripetuto due. Il consumo di elettricità viene rilevato con il computer di bordo (preventivamente tarato in officina). Si ottengono così il consumo di energia e la relativa l’autonomia.

Riproduce in pista il traffico dell’interland milanese (strade statali, tangenziali ecc.). Dura circa 33 minuti durante i quali il collaudatore deve eseguire attentamente le istruzioni (velocità, accelerazioni, tempi di arresto) che compaiono su di un display programmato per questo scopo. Al termine del test la velocità media deve essere di 64 km/h con una tolleranza di più o meno 2 km/h (viceversa il test deve essere ripetuto). Il test viene ripetuto due. Il consumo di elettricità viene rilevato con il computer di bordo (preventivamente tarato in officina). Si ottengono così il consumo di energia e la relativa l’autonomia.

Riproduce in pista l’andatura che si tiene in autostrada in condizioni normali di traffico rispettando il limite di 130 km/h. Al termine del test la velocità media deve essere di 125 km/h (110 per le auto con velocità massima inferiore ai 150 km/h). Il consumo di elettricità viene rilevato con il computer di bordo (preventivamente tarato in officina). Si ottengono così il consumo di energia e la relativa l’autonomia.

Capacità serbatoio idrogeno Toyota Mirai 5,6 kg

Le misurazioni a velocità costante vengono effettuate sulla pista di Alta Velocità su di una base misurata di 1 chilometro che viene percorsa nei due sensi di marcia. I consumi vengono rilevati tramite il flussometro Kistler CDS-DFL 3X che viene interfacciato con il sistema di alimentazione dell’auto. Si parte dalla velocità di 80 km/h con incrementi di 10/20 km/h fino a raggiungere i 160 km/h.

Riproduce in pista il traffico di Milano nell’ora di punta. Dura circa 30 minuti durante i quali il collaudatore deve eseguire attentamente le istruzioni (velocità, accelerazioni, tempi di arresto) che compaiono su di un display programmato per questo scopo. Al termine del test la velocità media deve essere di 19 km/h con una tolleranza di più o meno 1 km/h (viceversa la prova deve essere ripetuta).

Riproduce in pista il traffico dell’interland milanese (strade statali, tangenziali ecc.). Dura circa 33 minuti, durante i quali il collaudatore deve eseguire attentamente le istruzioni (velocità, accelerazioni, tempi di arresto) che compaiono su di un display programmato per questo scopo. Al termine del test la velocità media deve essere di 64 km/h con una tolleranza di più o meno 2 km/h (viceversa il test deve essere ripetuto). 

Riproduce in pista l’andatura che si tiene in autostrada in condizioni normali di traffico rispettando il limite di 130 km/h. Al termine del test la velocità media deve essere di 125 km/h (110 per le auto con velocità massima inferiore ai 150 km/h.

Riproduce in pista il traffico di Milano nell’ora di punta. Dura circa 30 minuti durante i quali il collaudatore deve eseguire attentamente le istruzioni (velocità, accelerazioni, tempi di arresto) che compaiono su di un display programmato per questo scopo. Al termine del test la velocità media deve essere di 19 km/h con una tolleranza di più o meno 1 km/h (viceversa la prova deve essere ripetuta). Il test viene ripetuto due volte. Il consumo viene misurato con il flussometro Kistler CDS-DFL 3X.

Riproduce in pista il traffico dell’interland milanese (strade statali, tangenziali ecc.). Dura circa 33 minuti durante i quali il collaudatore deve eseguire attentamente le istruzioni (velocità, accelerazioni, tempi di arresto) che compaiono su di un display programmato per questo scopo. Al termine del test la velocità media deve essere di 64 km/h con una tolleranza di più o meno 2 km/h (viceversa il test deve essere ripetuto). Il test viene ripetuto due volte. Il consumo viene misurato con il flussometro Kistler CDS-DFL 3X.

Riproduce in pista l’andatura che si tiene in autostrada in condizioni normali di traffico rispettando il limite di 130 km/h. Al termine del test la velocità media deve essere di 125 km/h (110 per le auto con velocità massima inferiore ai 150 km/h). I consumi vengono misurati con il flussometro Kistler CDS-DFL 3X.

Ciclo urbano (auto ibride plug-In)

Il ciclo riproduce in pista il traffico di Milano nell’ora di punta. Dura circa 30 minuti durante i quali il collaudatore deve eseguire attentamente le istruzioni (velocità, accelerazioni, tempi di arresto) che compaiono su di un display programmato per questo scopo. Al termine del test la velocità media deve essere di 19 km/h con una tolleranza di più o meno 1 km/h (viceversa la prova deve essere ripetuta). Il test viene ripetuto due volte in modo da accumulare un’ora di funzionamento continuativo. Il consumo di elettricità viene rilevato con il computer di bordo (preventivamente tarato in officina) quello di carburante (benzina/gasolio) con il flussometro Kistler CDS-DFL 3X. Si ottiene così il consumo di carburante nella prima ora di funzionamento partendo con la batteria completamente carica (funzionamento ibrido-Plug-in), il consumo di energia e l’autonomia in modalità elettrica (funzionamento EV). Il ciclo viene ripetuto poi una terza volta con la batteria completamente scarica per ottenere il consumo di carburante a regime (funzionamento Ibrido).

Ciclo extraurbano (auto ibride plug-In)

Riproduce in pista il traffico dell’interland milanese (strade statali, tangenziali ecc.). Dura circa 33 minuti durante i quali il collaudatore deve eseguire attentamente le istruzioni (velocità, accelerazioni, tempi di arresto) che compaiono su di un display programmato per questo scopo. Al termine del test la velocità media deve essere di 64 km/h con una tolleranza di più o meno 2 km/h (viceversa il test deve essere ripetuto). Il test viene ripetuto due volte in modo da accumulare un’ora di funzionamento continuativo. Il consumo di elettricità viene rilevato con il computer di bordo (preventivamente tarato in officina) quello di carburante (benzina/gasolio) con il flussometro Kistler CDS-DFL 3X. Si ottiene così il consumo di carburante nella prima ora di funzionamento partendo con la batteria completamente carica (funzionamento ibrido-Plug-in), il consumo di energia e l’autonomia in modalità elettrica (funzionamento EV). Il ciclo viene ripetuto poi una terza volta con la batteria completamente scarica per ottenere il consumo di carburante a regime (funzionamento Ibrido).

Ciclo autostradale (auto ibride plug-In)

Riproduce in pista l’andatura che si tiene in autostrada in condizioni normali di traffico rispettando il limite di 130 km/h. Al termine del test la velocità media deve essere di 125 km/h (110 per le auto con velocità massima inferiore ai 150 km/h). Il consumo di elettricità viene rilevato con il computer di bordo (preventivamente tarato in officina) quello di carburante (benzina/gasolio) con il flussometro Kistler CDS-DFL 3X. Si ottiene così il consumo di carburante nella prima ora di funzionamento partendo con la batteria completamente carica (funzionamento ibrido-Plug-in), il consumo di energia e l’autonomia in modalità elettrica (funzionamento EV). Il ciclo viene ripetuto poi una terza volta con la batteria completamente scarica per ottenere il consumo di carburante a regime (funzionamento Ibrido).

Il ciclo riproduce in pista il traffico di Milano nell’ora di punta. Dura circa 30 minuti durante i quali il collaudatore deve eseguire attentamente le istruzioni (velocità, accelerazioni, tempi di arresto) che compaiono su di un display programmato per questo scopo. Al termine del test la velocità media deve essere di 19 km/h con una tolleranza di più o meno 1 km/h (viceversa la prova deve essere ripetuta). Il test viene ripetuto due. Il consumo di elettricità viene rilevato con il computer di bordo (preventivamente tarato in officina). Si ottengono così il consumo di energia e la relativa l’autonomia.

Riproduce in pista il traffico dell’interland milanese (strade statali, tangenziali ecc.). Dura circa 33 minuti durante i quali il collaudatore deve eseguire attentamente le istruzioni (velocità, accelerazioni, tempi di arresto) che compaiono su di un display programmato per questo scopo. Al termine del test la velocità media deve essere di 64 km/h con una tolleranza di più o meno 2 km/h (viceversa il test deve essere ripetuto). Il test viene ripetuto due. Il consumo di elettricità viene rilevato con il computer di bordo (preventivamente tarato in officina). Si ottengono così il consumo di energia e la relativa l’autonomia.

Riproduce in pista l’andatura che si tiene in autostrada in condizioni normali di traffico rispettando il limite di 130 km/h. Al termine del test la velocità media deve essere di 125 km/h (110 per le auto con velocità massima inferiore ai 150 km/h). Il consumo di elettricità viene rilevato con il computer di bordo (preventivamente tarato in officina). Si ottengono così il consumo di energia e la relativa l’autonomia.

Al netto dell'attuale situazione dei distributori di idrogeno, ciò che è in grado di fare la Mirai è senz'altro notevole. Con un chilo di idrogeno riesce infatti a percorrere quasi 100 chilometri, che corrispondono a un'autonomia media di 547. Per la cronaca, si tratta di un'aumento di una quarantina di chilometri rispetto alla precedente generazione di questa Toyota. Non tanto perché i consumi siano diminuiti (anzi, in certe situazioni sono persino più elevati di quelli della prima serie), bensì per la maggior capacità dei serbatoi di idrogeno. La Hyundai Nexo, l'unica rivale della Mirai, garantisce percorrenze nettamente superiori, specie in città e in statale. La giapponese è però più equilibrata nei vari cicli di consumo: se le percorrenze della coreana si dimezzano fra città e autostrada, la Mirai è in grado di coprire ben 463 chilometri fra le tre corsie, un valore di notevole spessore, mentre nel ciclo urbano ne assicura 651. Proprio la città è il terreno dov'è più evidente il vantaggio della Nexo, che in questo ambito vanta percorrenze davvero rimarchevoli e nettamente superiori a entrambe le generazioni della Mirai.

Il rumore all’interno dell’auto viene misurato con due microfoni (Swantek) collocati all’altezza della testa del passeggero anteriore e di quello posteriore destro. La misura viene effettuata in pista a velocità costante a partire da 60 km/h con incrementi di 10 km/h fino a raggiungere i 160 km/h. Il segnale viene analizzato in frequenza con uno spettrometro Swantek 958 e pesato secondo l’algoritmo Indice di Articolazione, che tiene conto di quanto il rumore possa disturbare una ipotetica conversazione tra due persone. Viene poi misurata la rumorosità (in dB(A)) a 50 km/h su asfalto normale, su asfalto drenante e sul pavé. Viene anche misurata la rumorosità nell’abitacolo in fase di massima accelerazione in II e III marcia.

Le vibrazioni che sollecitano il guidatore durante la fase di accensione e di spegnimento del motore vengono misurate con una tavoletta accelerometrica sistemata direttamente sul piano di seduta.

La capacità di assorbire le disuguaglianze della strada viene verificata passando con le quattro ruote a 50 km/h su un tratto di pavé lungo 150 metri. Superata questa prima fase, l’auto transita a 30 km/h su di una speciale pista con cinque diversi ostacoli che si possono incontrare facilmente nelle nostre città (gradino, caditoia stradale, rotaie del tram, lastroni di granito, passo carraio). Le accelerazioni verticali che raggiungono in guidatore e un passeggero posteriore vengono acquisite con due tavolette accelerometriche (Swantek) collocate direttamente sul piano di seduta.

Le nostre procedure impongono restrizioni per quanto riguarda le condizioni meteorologiche. Non si effettuano test se l’asfalto non è asciutto e la visibilità più che buona. Inoltre la velocità del vento non deve superare la soglia di 3 m/s (sono ammesse raffiche fino a 5 m/s). Velocità e accelerazioni vengono rilevate in tempo reale tramite la strumentazione RaceLogic VB3i.

Il test viene effettuato su asfalto asciutto. L’accelerazione laterale in assetto stabilizzato viene misurata su una curva a 180 gradi avente un raggio di 55 m. Il collaudatore percorre la curva a velocità costante, incrementandola a ogni passaggio fino a raggiungere il limite di tenuta. Si rilevano la velocità e l’accelerazione laterale media. Il voto viene assegnato tenendo conto di questi due parametri e delle osservazioni riportate dal collaudatore. 

Doppio cambio di corsia sul bagnato

Il test viene effettuato su asfalto irrorato artificialmente e riproduce la manovra che si è costretti a fare quando in autostrada ci si trova all’improvviso davanti a un ostacolo. Il collaudatore segue un tracciato segnato da birilli che lo porta repentinamente dalla corsia sinistra a quella di destra e di nuovo sulla propria carreggiata. Il test viene effettuato con il cambio nel rapporto più alto (in Drive per le automatiche). Terminato il primo corridoio, che è molto stretto per uniformare la traiettoria iniziale (i birilli vengono collocati in funzione della larghezza della vettura provata), il collaudatore rilascia di colpo il pedale dell’acceleratore e inizia la manovra. Il doppio trasferimento di carico, dovuto ad altrettanti cambi di traiettoria, mette a dura prova la stabilità dell’auto e costringe a un superlavoro l’Esc. Il test viene effettuato per velocità crescenti (si parte da 75 km/h) fino a raggiungere il limite oltre il quale l’auto non è più in grado di seguire il percorso. Si misura la velocità iniziale di prova e si controlla il funzionamento dell’elettronica (durata, intensità ed efficacia degli interventi, controllo del sotto e del sovrasterzo).

Cambio di corsia in curva

Il test, effettuato su asfalto asciutto, consiste in un rapido cambio di corsia con l’auto in curva. È la classica manovra che si è portati istintivamente a fare quando si scorge un ostacolo inaspettato. Alla fine del corridoio d’ingresso, la cui larghezza dipende da quella della vettura che si sta provando, il collaudatore rilascia l’acceleratore ed esegue il cambio di traiettoria. Il trasferimento di carico che si ha sulle ruote anteriori, combinato con l’incremento dell’angolo di sterzo, sollecita a fondo la stabilità del retrotreno. Il test viene effettuato per velocità crescenti (si parte da 90 km/h) fino a raggiungere il limite di stabilità dell’auto. Per valutare le qualità dinamiche di base dell’auto, la prova viene effettuata con il sistema Esc disattivato. Si ripete poi il test con il sistema in funzione. Si misura la velocità d’ingresso e di uscita dai due corridoi e si verifica il comportamento dell'auto (passaggio dal sotto al sovrasterzo, interventi dell’elettronica quando inserita). 

Cambio di corsia in rettilineo ad alta velocità

Il test, effettuato su asfalto asciutto, consiste in un rapido cambio di corsia effettuato a elevata velocità. Una volta stabilizzata l’auto sulla corsia inziale, il collaudatore esegue un rapido movimento sinistra-destra. Si parte dalla velocità iniziale di 120 km/h, incrementandola di volta in volta di 10 km/h, fino a raggiungere, con le auto più veloci e sportive, i 200 km/h. Per valutare al meglio le qualità dinamiche di base della vettura, il test viene effettuato dapprima con il sistema Esc disattivato e in seguito ripetuto con l’elettronica attiva. Il cambio di corsa viene eseguito sia a velocità costante sia abbinando all’azione dello sterzo il rilascio dell’acceleratore che esaspera ancor più la manovra. Si misura la velocità d’esecuzione della prova e si controlla attentamente il comportamento della vettura nelle varie situazioni.

Durante i repentini cambi di corsia, la Mirai fa avvertire la sua massa e la taratura soft dell'assetto, elementi che limitano un po' la rapidità d'azione. Ciononostante, in situazioni di emergenza la sicurezza non è mai in discussione. Questo grazie a un Esp finemente tarato, che rende facili le manovre; escludendolo, emerge invece un certo sovrasterzo nei transitori ad alta velocità.

Viene misurato con l’auto che viaggia al minimo con un misuratore grafico di percorso. Rappresenta lo spazio necessario per effettuare un'inversione a U in una strada delimitata da muri. Viene rilevato in senso orario e antiorario. Il valore pubblicato è la media dei due. 

Lo si rileva con un volante dinamometrico che viene applicato a quello originale. La misurazione viene effettuata con l’auto ferma e il motore al minimo. Si misura anche il diametro del volante e si controllano quanti giri sono necessari per effettuare una sterzata completa da sinistra a destra.

Lo si misura con un trasduttore di forza che viene applicato sul pedale della frizione. Si rileva lo sforzo necessario per tenere la frizione completamente premuta (carico statico) e quello massimo richiesto durante il movimento (carico dinamico).

La disposizione posteriore di motore e trazione favorisce il diametro di volta. Che in assoluto non è da record, ma considerata la lunghezza della vettura assume tutt'altro significato.

È quella dell’auto rifornita con il pieno di carburante. Viene misurata all’interno del Centro Prove su apposite bilance che rilevano il peso che grava su ognuno dei due assi. Alla massa totale dell’auto vanno aggiunti il peso del collaudatore, quello della strumentazione di bordo e l’eventuale zavorra necessaria, per complessivi 100 kg.

Diversamente da quanto fanno le Case, che ottengono i loro dati aerodinamici in galleria del vento, Quattroruote calcola il coefficiente di penetrazione Cx sulla base di prove sperimentali effettuate in pista. Il valore pubblicato si riferisce pertanto all’auto in condizioni reali d’uso su strada (da qui la denominazione Cx stradale) che viaggia alla velocità di 100 km/h.

Ci si sente avvolti dal cockpit e la triangolazione fra volante, pedaliera e sedile è azzeccata. Inoltre, trovare la seduta che più aggrada è un attimo, grazie alle regolazioni elettriche con memorie sia per il sedile (a otto vie) sia per il piantone dello sterzo (altezza e profondità).

Disegno ricercato, a tratti futuristico, per il ponte di comando. Che sulle prime richiede un po' di attenzione, per capire bene dove si trovano tutti i comandi; c'è un elevato numero di tasti fisici, disseminati un po' ovunque, anche se disposti in modo razionale e facilmente raggiungibili.

Il pannello digitale non è particolarmente ampio (8 pollici), considerato che lo standard ormai è oltre i 12, ma la superficie resta adeguata per il numero d'informazioni da visualizzare: la velocità, gli assistenti alla guida e i dati di viaggio (questi ultimi, però, non sono molto in evidenza).

Qui lo schermo è grande (12,3 pollici) e confezionato in maniera elegante, grazie alla forma dell'alloggiamento, che crea continuità stilistica con il cockpit. I contenuti sono quelli noti di casa Toyota: interfaccia da interpretare, funzionalità piuttosto complete.

Che sia estate o inverno, non c'è problema: a bordo c'è un impianto automatico a tre zone, con quella posteriore gestibile comodamente dal bracciolo centrale, e tutte le sedute sono riscaldabili e ventilate. Sofisticato anche il sistema di purificazione dell'aria.

Durante la marcia, la zona montanti e specchi crea qualche angolo buio nelle svolte. Nel complesso, però, la situazione è sempre sotto controllo, specie durante le manovre, grazie alle telecamere (e ai sensori) a 360 gradi, che offrono una visuale completa dell'ambiente circostante.

In quanto ammiraglia (soprattutto tecnologica) della gamma, la Toyota ha riservato particolare attenzione ai materiali e alle finiture: plastiche morbide in abbondanza, selleria di livello, tappeti di fondo di buona qualità. Anche gli accoppiamenti non prestano il fianco a critiche.

Dei tre allestimenti disponibili, l'Essence+ offre tutto di serie, eccezion fatta per la vernice metallizzata premium. Si può dire che manchino soltanto la guida assistita di livello 2 e i proiettori a matrice attiva; oltre alla possibilità di personalizzare il proprio esemplare.

Il ricco corredo di serie include, ovviamente, anche una lunga lista di assistenti alla guida, racchiusi nel pacchetto Safety sense 2: dalla frenata automatica con riconoscimento di pedoni e ciclisti al sistema di mantenimento attivo della corsia, alla sorveglianza di angoli bui e zona posteriore.

Lo spazio per quattro adulti è adeguato: d'altronde parliamo di quasi cinque metri di berlina. La zona posteriore offre parecchio agio per le ginocchia, mentre il quinto posto centrale è da considerarsi di fortuna, considerata la prominenza del tunnel, che nasconde uno dei serbatoi dell'idrogeno.

Qui la tecnologia porta via spazio: fra batteria al litio e una delle bombole, il volume del vano si riduce a 334 litri, un po' pochi per una tre volumi di queste dimensioni. Oltre tutto, non è possibile abbattere gli schienali per la presenza del citato accumulatore.

Si viaggia in souplesse: l'insonorizzazione è particolarmente curata e nell'abitacolo filtra soltanto il rumore di rotolamento dei pneumatici. Le sospensioni, poi, fanno il loro dovere e assorbono bene, sebbene quelle posteriori siano un po' rigide sugli ostacoli più marcati.

Il funzionamento è del tutto simile a quello di una tradizionale elettrica a batteria: la fluidità e la totale assenza d'interruzioni di coppia sono le protagoniste assolute. Erogazione molto omogenea, a tutto vantaggio del confort di marcia.

Il rapporto fra peso (oltre due tonnellate) e potenza (182 cavalli, con 300 Nm) non è propriamente quello di una sportiva. Pertanto, ne derivano performance poco più che discrete: 9,2 secondi per chiudere lo 0-100, uno in meno per passare da 70 a 120 km/h.

Il comando è ben accordato al carattere della vettura: leggero il giusto in manovra e alle basse velocità, asseconda a dovere l'incedere confortevole della Mirai. Quando serve, sa essere anche piuttosto pronto e preciso, sebbene non sia particolarmente generoso quanto a feedback.

Nonostante un certo beccheggio, si ferma in spazi contenuti e lo fa anche quando l'aderenza è bassa e non uniforme, con ottimi valori d'arresto soprattutto sulla pista asfalto-ghiaccio. Bene anche la resistenza alla fatica: spazi costanti nelle frenate ripetute e assenza di fading.

Detto che il dinamismo non è la sua ragione di vita, per via della massa elevata e della taratura soft degli ammortizzatori, la giapponese se la cava piuttosto bene nelle situazioni d'emergenza. Questo grazie soprattutto a un Esp impeccabile, che interviene sempre in maniera fluida e precisa.

Percorrenze in linea con quelle della Mirai prima serie, ma con un'autonomia maggiore per via della superiore capacità dei serbatoi. Dire che copre quasi 100 km con un kg è poco indicativo; lo è assai di più sapere che in cinque minuti fa un pieno di idrogeno, che le consente di percorrere 547 km.

Qualità e finiture Alla Mirai, ammiraglia tecnologica della Toyota, è stato riservato un trattamento in stile Lexus, con una particolare cura nei confronti dell'assemblaggio e dei materiali impiegati. A partire dalla carrozzeria, che presenta una verniciatura priva d'imperfezioni, estesa anche agli elementi meno in vista; precisi pure gli accoppiamenti fra i lamierati. Dentro, colpiscono favorevolmente il rivestimento di pelle dei sedili, di ottima qualità, e l'ampio uso di materiali morbidi in tutte le zone della plancia dove la vista cade maggiormente o che è più facile toccare; la parte inferiore, invece, è realizzata con plastiche rigide che hanno una certa tendenza a graffiarsi. Le guarnizioni, infine, sono posizionate con notevole cura, mentre la presenza di fondi di rivestimento nei portaoggetti ne preserva l'integrità e consente di evitare rumori fastidiosi.

Il comparto guarnizioni è di buon livello, a vantaggio dell'insonorizzazione. C'è anche un labbro fra le portiere per ridurre i fruscii.

La parte inferiore dell'abitacolo è realizzata con plastiche rigide, non molto gradevoli al tatto e facilmente soggette a graffi.

Qualità costruttiva. È marchiata Toyota, ma sembra una Lexus, per qualità costruttiva, dotazioni e finiture. Autonomia. Elevata, poi, l'autonomia: da circa 460 km in autostrada fino a 650 in città. Valori che nessuna Bev può garantire.

Prestazioni. La massa è importante e la potenza non molto elevata: le prestazioni, quindi, sono poco più che discrete. Stazioni. Ma il vero limite è la diffusione delle stazioni di rifornimento: a oggi, in Italia, ce ne sono soltanto due.

Una fuel cell, in estrema sintesi, è un'auto elettrica il cui motore, anziché essere alimentato da una batteria, trae energia dalla cella a combustibile. Questa pila, inventata nel lontano 1839, con le prime applicazioni che risalgono al programma spaziale Gemini del 1965, di fatto riproduce il funzionamento di una batteria. I reagenti, però, sono l'idrogeno (stivato nei serbatoi dell'auto) e l'ossigeno (che entra dalle prese d'aria anteriori). La reazione avviene all'interno della pila: la molecola H2 è separata nei due protoni H+ e in due elettroni; i primi passano attraverso una membrana a scambio protonico e raggiungono il catodo, mentre i secondi passano attraverso un circuito esterno, generando così la corrente continua, che viene poi trasformata in alternata dall'inverter per arrivare al motore elettrico. Una batteria, comunque, c'è anche qui: è di piccole dimensioni, simili a quelle utilizzate sulle full hybrid, e serve per compensare il ritardo di risposta delle celle a combustibile e soddisfare i picchi di richiesta di energia. La seconda generazione della Mirai (la prima risale al 2015) è costruita sulla piattaforma GA-L, più grande della precedente, che ha consentito di distribuire in maniera più efficiente tutte le componenti del sistema e di ottenere un miglior bilanciamento dei pesi, che infatti si attesta su un quasi perfetto 49-51%. Il maggior spazio ha permesso, innanzitutto, d'incamerare più idrogeno: ora i serbatoi sono tre (prima erano due), con il più grande sistemato in senso longitudinale in mezzo ai sedili e gli altri due inseriti fra il divano e il baule; la capacità totale è passata da 4,6 a 5,6 kg. La nuova disposizione ha poi permesso di spostare la cella a combustibile da sotto il pianale al cofano anteriore. E la pila stessa è migliorata da molti punti di vista: maggiore potenza specifica, minor peso e dimensioni più contenute. Come pure la batteria, che non è più al nichel-metallo idruro, ma al litio: la densità di energia ora è superiore e ciò ha permesso di ridurre peso e ingombri.

Fuel cell. La pila è sistemata davanti. Nella parte inferiore c'è lo stack con le celle a combustibile e gli ingressi per l'ossigeno e l'idrogeno, in quella superiore il convertitore di potenza. È una fuel cell più compatta, leggera e potente di quella della vecchia Mirai

Batteria. Dietro al divano c'è l'accumulatore agli ioni di litio, dalla capacità di 1,24 kWh, che serve per compensare il ritardo di risposta della fuel cell; l'energia viene recuperata con la frenata rigenerativa. Sotto la batteria c'è il più piccolo dei tre serbatoi d'idrogeno

Se il petrolio non è infinito, l'idrogeno è pressoché inesauribile. Rappresenta il 75% della massa dell'universo ed è presente nell'acqua e nell'aria. Ricavarlo, tuttavia, è dispendioso: occorre utilizzare dell'energia per scinderlo dagli altri atomi a cui è legato. I vantaggi sono l'elevata reperibilità e il fatto che, nel caso di una fuel cell, non sorgono problemi di approvvigionamento di materie prime come il litio, il cobalto o la grafite, indispensabili per le auto elettriche tradizionali. Gli svantaggi sono rappresentati dai costi ancora piuttosto elevati delle celle a combustibile e, soprattutto, dai complessi processi di compressione, trasporto e stoccaggio. Vediamo, ora, di rispondere a cinque domande chiave su questa tecnologia.

Come si ottiene? Il modo più efficiente, dal punto di vista ambientale, per ottenere l'idrogeno è attraverso l'elettrolisi dell'acqua. Che però, affinché il processo sia "pulito", deve utilizzare elettricità prodotta con fonti rinnovabili, come l'energia eolica oppure quella solare.

Che applicazioni possono avere le celle a combustibile? Svariate. I primi impieghi risalgono alla metà degli anni 60, quando la Nasa le utilizzò per alimentare alcuni servizi di bordo dell'astronave Gemini; successivamente, sono state impiegate anche per le missioni Apollo. Nell'ambito dei trasporti, è una tecnologia adatta sia per ambiti commerciali (van, camion) sia per il trasporto pubblico (treni, bus, persino aerei e navi): l'ideale, in altre parole, è applicarla a mezzi di grandi dimensioni che, se alimentati a batteria, necessiterebbero di accumulatori di stazza troppo elevata.

Quanto è efficiente un'auto fuel cell? Molto meno di un'elettrica a batteria, perché, se si tiene conto dell'intero percorso dell'energia, ne viene sprecata tanta sia per l'elettrolisi sia per la compressione e il trasporto dell'idrogeno. La fuel cell stessa, poi, ne impiega molta per produrre l'elettricità necessaria ad alimentare il motore. Su 100 kWh, alle ruote ne arrivano solo 23, contro i 69 di un'elettrica a batteria. Però, se si considera l'intero ciclo di vita dell'auto, l'impatto ambientale è simile, perché sulle Bev la produzione e lo smaltimento delle batterie incidono in modo significativo.

Non ci sono problemi di sicurezza? I serbatoi sono molto robusti: realizzati in fibra di carbonio, sono pensati per sopportare pressioni più che doppie rispetto ai 700 bar di stoccaggio dell'idrogeno. Ci sono poi sensori che, in caso di perdite, bloccano il flusso mediante apposite valvole.

Dove si può fare il pieno? Al momento ci sono soltanto due stazioni di servizio, quella "storica" di Bolzano e quella di Mestre, appena inaugurata. In tempi brevi è prevista l'apertura di un terzo impianto, a San Donato Milanese. Già dal 2023, però, la situazione dovrebbe migliorare, grazie agli stanziamenti previsti dal Pnrr e da fondi europei a favore della diffusione di veicoli e infrastrutture a idrogeno.

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