Una società alla moda? - HuffPost Italia

2022-07-30 06:50:43 By : Ms. Grace chan

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L’evento di Dolce & Gabbana a Siracusa ha catalizzato l’attenzione, quasi l’evento dell’anno a Siracusa, impegnando i giornali, le televisioni, i social in una sarabanda di entusiasmo, elogi, compiacimento per questa manifestazione che porta la Sicilia nella ribalta dorata dei luoghi che contano. Io non spargo cenere su una cosa che fra le altre ha il suo peso ma penso che la moda, le mode non possano sostituire da sole lo spirito del tempo. E comunque sono solo una parte di esso. Già Georg Simmel agli inizi del’ 900 riflette sul senso e la funzione della moda all’inizio di un secolo tempestoso, nel bel saggio Filosofia della moda (1905), analizzandone le radici e le ragioni del suo sorgere e riprodursi, divisa fra imitazione e differenziazione, due istanze presenti nei creatori e soprattutto nei fruitori di essa. Una moda una volta affermata, egli dice, perde il suo tratto di differenziazione e finisce così, si dissolve,dando poi seguito ad un’altra, all’infinita ricerca di una identità differenziata.

Un altro genere di eventi, riguarda le feste religiose che fioriscono in questi giorni in Sicilia: Agrigento festeggia il suo patrono, San Calogero, rito antico oggi diventato una otto giorni di festose celebrazioni sacre, profane, pirotecniche fra devozione e mondanità; fra poco sarà la volta di Palermo col festino di Santa Rosalia, cui il nuovo sindaco Lagalla ha destinato quest’anno un ricchissimo finanziamento pensando che la povertà, i disagi, le ferite della città, si possano curare, come nel Medioevo con l’imposizione delle mani del re, con la statua benedicente della Santa che splendente scorazza per le strade fra musiche, luci e andamento orgiastico. E Catania ha pure la sua festa, a febbraio, di Sant'Agata, fra leggenda e realtà attuale, anch’essa sontuosa, spropositata, invasiva, una settimana di passione canti, processioni, ceri votivi giganteschi e devoti a migliaia per le strade.

Anche qui niente contro le feste religiose che sono parte antica della tradizione popolare, elemento di coesione e di esternazione della devozione, ma la misura e le proporzioni credo vadano mantenute. Non bisogna dimenticare ad esempio quanto esse servano alla rappresentazione del potere politico e della Chiesa che entrambi dicono con questo la loro magnificenza e presenza dominante nella società e comunicano ai governati.

Ciò che mi chiedo però è altro. Perché sono assenti da tutto questo la rispettosa celebrazione di scrittori, artisti importanti nella storia dell’isola, ricordati sì in qualche convegno ma dentro l’”ambiance” ovattata delle cose di studio, accademiche, senza cioè concorso di popolo, della società nel suo insieme? E perché le dimore, i luoghi dove questi hanno vissuto, sono spesso lasciati alle ortiche: penso alla casa di Elio Vittorini a Siracusa che quando la vidi, qualche anno fa, era in stato pietoso o alla casa di Pirandello, nella contrada U Kausu (il Kaos) ad Agrigento o altri luoghi dimenticati che invece, al contrario delle mode, hanno incisa dentro di sé una storia che non passa, che non invecchia o deperisce. E perché ancora tutti i luoghi che testimoniano le civiltà contadine, il lavoro sudato di secoli, con gli uomini scarniti nei volti e scuri per il sole come santi nelle chiese in cerca dell’immenso, non sono recuperati, raccontati, esposti all’attenzione della gente, se non per poche iniziative di qualche volenteroso piccolo borgo? E perché ancora tutti i riti della nostra civiltà del mare, i suoi dolori, le sue conquiste sono solo una cartolina per turisti cui si mostrano la casa del nespolo ad Acitrezza in una banale vulgata del capolavoro di Giovanni Verga?

Tutto questo per dire che la memoria, vitale per una società, anche essa deve in qualche modo essere selettiva e riportare alla luce ciò che del passato serve al nostro presente, un presente oggi povero, convulso disorientato, asfittico perché senza il tesoro delle sue radici. Allora oltre la moda, fugace, imprendibile con i suoi seducenti scintillii, costruiamo meglio i nostri abiti per disegnare il futuro, adorniamoli delle cose essenziali dalle quali veniamo: la letteratura, la musica, la storia, il teatro, la vita di tutti i giorni nella storia, ma che siano alla portata di tutti!

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